Liberati dal frame

Lo strano caso della colonna di Via Parigi
 

Navicella della colonna in Via Parigi a Roma

La storia comincia con un articolo sul Corriere della Sera, Cronaca di Roma, dell'8 febbraio 2004. La solita sensazionale scoperta.... una statua del 500 proprio nel bel mezzo di Roma, davanti al Grand Hotel di Via Parigi, a Roma.

La colonna imprigionata

Via Parigi: parte romana, parte del ’500, è al centro delle strisce blu
 


In via Parigi, davanti alle Terme di Diocleziano, tra il vecchio «Planetario» e la Galleria Esedra, c'è la colonna «invisibile». Annerita e con il basamento saccheggiato dalle lettere dell'iscrizione, è difficile da notare perfino per un turista avido di antichità. Liscia apparteneva alle terme di Diocleziano; ora è imprigionata al centro delle strisce blu, con auto parcheggiate a pochi centimetri dalla base. Nel tempo è stata aggredita dallo smog e ora sembra incapace di attirare l'attenzione, se non per la cima. Al posto del capitello, infatti, c'è una navicella, bombata, con le vele gonfie, tra i flutti.
Una scultura in bronzo probabilmente della fine del Cinquecento.

 

Via Parigi: lo slargo, pieno di macchine, tra Via V.E.Orlando e il PlanetarioPrecisa B****** P****, docente di storia dell'archeologia all'università di Tor Vergata, esperta di collezionismo, curatrice delle collezioni Ludovisi e Doria Pamphilij: «Bisogna tenere conto che questa è una zona ampiamente rimaneggiata». Nella metà del Cinquecento, spiega la docente, fra via Parigi e largo di Santa Susanna si stendeva la zona degli Orti Belleiani, con la villa del cardinale Jean Du Bellay: «Venuto a Roma per una missione diplomatica, visse qui fino alla morte nel 1560. Il cardinale costruì in questa zona la sua villa, riempiendola di monumenti dell'età imperiale. La colonna, faceva parte del suo "giardino delle delizie"».
Fra gli amici del cardinale, c'era Rabelais. L'autore di «Gargantua e Pantagruel», che all'inizio della missione diplomatica del cardinale a Roma lo aveva seguito come medico personale, ebbe occasione di conoscere gli Orti e la collezione di Du Bellay.
Il cardinale «di Parisi», secondo la dicitura dell'epoca (che diede il nome alla strada), era conosciuto come un grande collezionista.
«Nel 1554 - ricorda B* P* - il cardinale, rispondendo ad una richiesta del re, Francesco I, e del connestabile di Montmorency, imbarcò su una nave un carico di monumenti. Pezzi del Foro romano, delle Terme di Diocleziano e di altre antichità esistenti a Roma. Ma la nave affondò sulla rotta per Marsiglia».
E di una nave affondata («demersa navis») si legge anche nell'iscrizione sul basamento della colonna
. «La navicella al posto del capitello potrebbe essere il ricordo di questo episodio», dice la professoressa P****.
Il dubbio quindi non è sul significato della scultura, ma sul perché il cardinale o un suo successore, l'abbia collocata lì.
«Il cardinale morì a Roma nel 1560, pieno di debiti, come altri collezionisti», ricorda BP. La nave in cima alla colonna è rimasta come un invito a non dimenticare quei monumenti perduti in mare. O nel traffico.

Ilaria Sacchettoni



Cronaca di Roma

Decido di scrivere al Corriere, incredulo di questo mucchio di sciocchezze.

La mia Lettera al Corriere....
 

 

L’articolo a pagina 44 della edizione romana del Corriere della Sera di oggi, domenica 8 febbraio, riguardante la Via Parigi e la colonna che vi sorge, è un raro concentrato di inesattezze: 

  1. la Via Parigi fu aperta e sistemata solo nel dopoguerra, e fu intitolata non al Cardinale Du Bellay, ma proprio alla città di Parigi in occasione dello storico gemellaggio del 1956 tra Roma e la capitale francese.
     

  2. A memoria dell’evento, ci sono sulla strada due iscrizioni dedicatorie, una proprio alla base della colonna e una sulla lastra di marmo affissa sul muro dell’ex planetario, in un latino elementare e facilmente intelligibile: “Lutetia Parisiorum” è infatti il nome latino di Parigi.
     

  3. La colonna che vi sorge è – come si può leggere nell’iscrizione alla sua base - un monumento alla città di Parigi eretto, riutilizzando una colonna antica, per celebrare il gemellaggio del 1956.
     

  4. La scultura che la corona - di chiara fattura moderna, altro che un pezzo del Cinquecento! – non fu apposta dal Cardinale Du Bellay o da un suo successore, bensì fusa e regalata a Roma 45 anni fa dal Comune di Parigi a celebrazione del Gemellaggio. Per la cronaca, una Lupa Romana fu contemporaneamente donata dal Comune di Roma alla città di Parigi e oggi fa mostra di se nel parco della Place Paul Painlevé, davanti all’Hotel de Cluny, nel Quartiere Latino….
     

Il "Blason", lo stemma del Comune di Parigi. Clicca qui per accedere al sito della Mairie de Paris con la vera storia della navicella. 5. La scultura non rappresenta affatto una nave naufragata, bensì riproduce la caravella, simbolo ufficiale della Città di Parigi (ciò sin dal 1210 quando sotto Filippo Augusto la corporazione dei mercanti barcaioli della Senna si costituì in Municipio sotto il suo Prevosto Stefano Marcello, dando alla città il suo simbolo, la caravella appunto, e il motto “fluctuat nec mergitur”).

Piuttosto che svelare un inesistente mistero, il Corriere avrebbe potuto più utilmente dedicare lo spazio del giornale a discutere su come recuperare uno spazio così prestigioso, tra l’ex Planetario, il Grand Hotel e l’Esedra, oggi abbandonato a sé stesso, dominio di parcheggiatori abusivi e di storni che fanno cadere le loro deiezioni sui passanti.

Cordialità
dott. Dario Quintavalle
Roma

 

La lettera non viene pubblicata subito. Si sussegue un frenetico scambio di mail tra me, l'università, e la redazione del Corriere.

La risposta della Prof....
 

 

-----Messaggio originale-----
Da: B******* P**** [mailto:P****...]
Inviato: martedì 10 febbraio 2004 12.08
A: darioquintavalle.....
Oggetto: La colonna di via Parigi
 

Egregio Dottor Quintavalle,
La ringrazio per le sue utili precisazioni in merito agli ultimi eventi di Via Parigi.

Desidero tuttavia farLe presente che la storia recente non annulla una realtà passata, che è nostro dovere recuperare. Infatti la zona cui si fa riferimento fu nel '500 destinata ai "giardini di delizia" del cardinal di Parigi Jean du Bellay, che vi conservava la sua collezione, di cui la colonna antica presumibilmente faceva parte.

Il caso ha voluto che un suo carico di antichità fosse imbarcato per la Francia su una nave naufragata nei pressi di Piombino. Stranamente sull'iscrizione del basamento della colonna in questione le lettere latine, pur molto deteriorate, riferiscono di una "demersa navis". Sarà pura coincidenza?

Non credo tuttavia che il ricordo di questi avvenimenti passati possa turbare la storia più recente, la prova ne è che la mia intervista ha suscitato immediato interesse in professori universitari, quali il professor Gotor, che hanno letto con grande attenzione l'articolo e si sono complimentati con me di questo recupero della memoria della Roma rinascimentale.

Cordialmente,
Prof.ssa B******* P****
Ordinario di Storia dell'Archeologia
Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"
 

Mhhh.... " la storia recente non annulla una realtà passata" o "il ricordo di questi avvenimenti passati non può turbare la storia più recente"? Contraddittorio.... E perchè i complimenti di un collega sarebbero una prova? Il senso della risposta è "stà zitto tu, che è roba per gli addetti ai lavori". Peccato, dall'Università sono uscito e il militare l'ho già fatto. Non ci sto. Un paio di giorni in biblioteca, e tiro fuori qualche interessante documento.

La mia documentata replica... :-)

     
 

Gentile professoressa,

la ringrazio molto della sua pronta e cortese risposta.

Poiché lei non smentisce l’articolo del Corriere, evidentemente si assume tutta intera la paternità delle affermazioni in esso contenute.

Immagino che di fronte a una docente universitaria che gode del sostegno della comunità scientifica e dell’avallo del prof. Gotor (ignoro del tutto chi egli sia, mea culpa!), il sottoscritto (che non è professore, ma solo dottore, e per di più in giurisprudenza; che nel campo non ha all’attivo pubblicazioni scientifiche, ma solo una buona biblioteca, molte buone letture e tanta passione per la storia antica e moderna della sua città; la cui professione nulla ha a che vedere col mondo dell’arte e dell’archeologia, essendo Dirigente del Ministero della Giustizia), meglio farebbe a rimanere “muto e rassegnato” – come si diceva sotto le armi – e a ritirarsi in buon ordine.

Eppure una delle grandi conquiste del metodo scientifico dell’evo moderno, da Galileo in poi, è il principio che ogni ipotesi scientifica debba essere suffragata da prove inconfutabili per stare in piedi, non bastando a ciò l’autorità di chi la formula. Non basta più esclamare “ipse dixit!” per chiudere una discussione scientifica: mi sbaglio?

Mi vorrà pertanto perdonare se avrò l’ardire di contraddire la sua tesi ardita e certamente suggestiva con alcuni fatti documentati o facilmente documentabili, e a sostegno di quanto dico portare una serie di prove, frutto di qualche ricerca di archivio e di un sopralluogo ‘sul campo’.

Lei ritiene, se ho ben capito,

  1. che l’attuale via Parigi prenda il nome dal cardinale Jean Du Bellay, noto come cardinale “di Parisi” il quale nelle vicinanze (“fra via Parigi e largo di Santa Susanna”) ebbe a metà del Cinquecento, una villa denominata Horti Belleiani;
     

  2. che la colonna che attualmente si erge in Via Parigi sia originariamente appartenuta alle Terme di Diocleziano e possa aver fatto parte delle collezioni del Cardinale du Bellay, albergate in detta Villa;
     

  3. che la scultura che si trova in cima alla colonna, raffigurante una navicella, possa risalire al Cinquecento e sia stata lì apposta dal cardinale o da un suo successore, a ricordo del naufragio, avvenuto nel 1554 nei pressi di Piombino, di una nave carica di reperti romani destinati al re di Francia;
     

  4. che, a riprova di ciò, come lei mi scrive nella sua gentile risposta: “sull'iscrizione del basamento della colonna in questione le lettere latine, pur molto deteriorate, riferiscono di una "demersa navis"” - vale a dire di una nave affondata.

“Il dubbio quindi – continua l’articolo - non è sul significato della scultura, ma sul perché il cardinale o un suo successore, l'abbia collocata lì. «Il cardinale morì a Roma nel 1560, pieno di debiti, come altri collezionisti», ricorda B******* P****.”

Già! Sarei effettivamente curioso anch’io di capire come mai un tale, fortemente indebitato, che abbia perso un carico di inestimabili opere d’arte, e quindi – è proprio il caso di dirlo - ‘una barca di quattrini’, abbia poi voglia di spender altri soldi per mettersi, proprio davanti casa, un monumento che gli ricordi ogni giorno della sua vita questa tragica perdita. Di norma gli uomini erigono monumenti a celebrazione dei propri trionfi, non certo delle proprie sconfitte, le sembra?

Vediamo i problemi con ordine:

Gli Horti Belleiani

La pianta di Roma del Du Perac - 1577 Prima di tutto: nulla quaestio sulla presenza nell’area di una villa denominata “Horti Belleiani” appartenuta al Cardinale Du Bellay (1492-1560). È un fatto noto.

Peraltro Lei localizza la villa “fra via Parigi e largo di Santa Susanna“, vale a dire nell’isolato dove oggi sorge il Grand Hotel. È un errore abbastanza frequente, a quanto sembra leggendo nel libro più documentato e completo esistente oggi sul verde suburbano di Roma, ‘Ville di Roma’ di Isa Belli Barsali (SISAR Milano, 1970, pag 92, nota 52): “Il portale a fianco dell’ Acqua Felice, nell’odierna Piazza S. Bernardo, in generale indicato come quello della Villa Du Bellay (Giovannoni, Lanciani, Callari) era invece della Villa Panzani”.

(Una curiosità: un frammento della Villa Panzani esiste ancora; è la facciatina con balcone e finestra sormontata da aquila che si trova tra la Fontana dell’Acqua Felice e il Grand Hotel in piazza San Bernardo).

Disegno di Bernardo Gamucci 1565Gli Orti Belleiani invece occupavano, come si vede anche nella pianta di Roma del Du Perac del 1577 e nel disegno a stampa di Bernardo Gamucci del 1565 (foto a lato), tutto il lato sud est delle Terme di Diocleziano (Belli Barsali, pagg 23 e 24). In pratica, il muro di cinta correva sull’asse delle attuali Via Vittorio Emanuele Orlando e Via delle Terme di Diocleziano tagliando a metà l’odierna piazza della Repubblica, dalla attuale chiesa di San Bernardo alla attuale Via del Viminale. Il portale d’ingresso si apriva grosso modo là dove oggi è la Fontana delle Naiadi, e la palazzina sorgeva in mezzo all’esedra dioclezianea (sulla quale oggi insistono i due palazzi del Koch), più o meno dove ora è l’imbocco di Via Nazionale. La Villa si estendeva nell’area oggi attraversata dalla Via Nazionale, quindi esattamente dalla parte opposta a Via Parigi.
 

 

Via Parigi:

Non vi è alcuna traccia, prima del 1959, del toponimo “Parigi” nella zona, come si può riscontrare nell’ampio corredo cartografico che raffigura la zona dal Cinquecento in poi. Anche la strada è di formazione moderna, e fu aperta negli anni Cinquanta.
 

 

Pianta di Roma di Giovambattista Nolli 1748Come si vede infatti nella pianta del Nolli (1748), là dove oggi è via Parigi era un diverticolo della Piazza di Termini, fiancheggiato dai magazzini annonari costruiti dai Papi. L’area rettangolare compresa tra l’attuale Grand Hotel e la Villa Peretti Montalto - grosso modo ove oggi è l’attuale edificio dell’ ex Istituto Massimo (oggi Museo Archeologico Nazionale) in largo di Villa Peretti - inclusa la metà superiore dell’odierna Piazza della Repubblica, fu sistemata a piazza a partire dalla fine del Cinquecento. La piazza ebbe nome di “Piazza di Termini” dalle antistanti terme di Diocleziano, e il toponimo è rimasto fino agli inizi del secolo XX (è ancora in una pianta del 1914 in mio possesso), comunicandosi anche alla vicina stazione ferroviaria, che peraltro sorgeva in posizione assai più avanzata, all'altezza dell'attuale via Enrico de Nicola.

Alla fine del secolo XIX, con l’apertura di via Cernaia (1878) si cominciarono ad abbattere i magazzini dell’annona e si isolò dal complesso delle Terme l’edificio romano popolarmente oggi conosciuto come Planetarium. L’abbattimento degli antichi granai papali fu portato a termine sotto il fascismo. Ne risultò l’attuale area archeologica, mentre a sinistra della nuova strada furono costruiti moderni palazzi per uffici.

Per inciso non è l’unico caso in cui sventramenti fascisti siano stati completati nel dopoguerra: basti pensare al caso della Via della Conciliazione, compiuta nel 1950. Sul tema è sempre attuale la lettura del classico “Roma moderna” di Italo Insolera.

Il Gemellaggio e Via Parigi:

La lapide commemorativa del gemellaggio in Via Parigi: “Roma novam insignemque viam eximiis antiqui aevi monumentis continentem Lutetiae Parisiorum geminae veluti sorori faustissime sibi ante triennium coniunctae studiosa voluntate nuper dicatam sollemni ritu publicae commoditati patefecit III kal maias anno domini MDCCCCLVIIII”. Il 9 aprile 1956 le città di Roma e Parigi si unirono in gemellaggio e alla capitale francese fu dedicata la strada di cui parliamo. L’evento fu celebrato solennemente, e le celebrazioni ripetute negli anni a venire: non se ne dimentichi l’enorme significato politico, visto che pochi anni prima Italia e Francia erano state in guerra.

A memoria dell’evento, sul muro dell’edificio del Planetarium, in Via Parigi, si trova ancor oggi una grande lapide latina (a fianco) ove si legge chiaramente:

“Roma novam insignemque viam eximiis antiqui aevi monumentis continentem Lutetiae Parisiorum geminae veluti sorori faustissime sibi ante triennium coniunctae studiosa voluntate nuper dicatam sollemni ritu publicae commoditati patefecit III kal maias anno domini MDCCCCLVIIII”.

È la prova, in solido marmo, che via Parigi è una strada tutta nuova (novam viam) e che fu dedicata a Parigi e aperta al traffico esattamente tre anni e un mese dopo il gemellaggio.

Per quale motivo si intitolò a Parigi proprio quella strada? Si volle ricordare anche il card. Du Bellay morto 400 anni prima? È un’ipotesi non documentata e francamente tirata per i capelli.

Nella toponomastica romana sono infatti frequentemente ricordati giardini scomparsi con il loro preciso nome: “Via degli Orti di Cesare”, “della Farnesina” etc. (cfr. Tuttocittà 2004 pag.149), quindi se la Commissione Toponomastica Comunale avesse davvero voluto conservare memoria del Cardinale Du Bellay e dei suoi giardini avrebbe dedicato una “Via degli Orti Belleiani”.

Credo che con questa ipotesi si farebbe onore di troppa lungimiranza e cultura alla politica di quegli anni caratterizzati da feroce speculazione edilizia e assai scarso rispetto per la memoria storica di Roma. Più semplicemente, c’era una strada nuova in pieno centro storico, ancora da intitolare - e anche da nobilitare visto che sulle antiche rovine la famosa/famigerata Società Generale Immobiliare aveva costruito il suo moderno palazzo per uffici (Arch. Resta) - e fu scelta quella per celebrare il gemellaggio.

La Colonna, la Navicella e l’iscrizione sul piedistallo.

 

Veduta di Via Parigi: gli antichi granai pontifici a sinistra, moderno palazzo per uffici a destra

é vero e noto che il cardinal Du Bellay spedì in Francia diversi carichi di marmi antichi, e che una delle sue navi, diretta a Marsiglia, fu assalita e affondata dai Turchi presso Piombino, “le patron fait prisonnier, la barque rompue, le precieux fardeau fut precipitè au fond de la mer” (cfr: Arthur Heulard, Rabelais en Italie, Paris 1891, p. 319, n. 2.).

Ora lei ipotizza che la colonna di Via Parigi facesse parte delle collezioni del cardinale du Bellay, e che la scultura che la sovrasta risalga al Cinquecento e che rappresenti una nave affondata. A me – che sono un profano, ma ho visto molte statue del Cinquecento - sembra evidente, così a occhio, che la scultura è di chiara fattura moderna e rappresenta una nave che non solo non affonda, ma fila allegramente col vento in poppa.

 

Via Parigi: a sinistra gli antichi granai pontifici, a destra il Palazzo della Società Generale Immobiliare. Nuovo e antico si mescolano nell'ultimo sventramento di Roma.

 

Trovo conferma in quanto dico in Capitolium, rivista ufficiale del Comune di Roma, fascicolo 7 p. 13 del 1961. C’è una fotografia della colonna con didascalia “La colonna del gemellaggio”. L’articolo dice: “Sulla Via Parigi è stata inaugurata il 23 aprile scorso la colonna commemorativa del gemellaggio Roma-Parigi. La colonna è di cipollino (marmor carystium) e fu trovata anni or sono in Piazza Nicosia; non è rifinita e conserva ancora visibili le marche di cava. Sulla colonna è stata collocata una nave di bronzo, simbolo di Parigi, scolpita da Felix Joffre, che è stata donata dalla municipalità di Parigi. Le iscrizioni latine sul basamento sono state dettate dal prof. Raffaello Santarelli”.

Ed infatti, solo che si guardi la assai rovinata iscrizione sul retro del basamento della colonna (foto allegata) leggiamo: …LI… …O…RE SCU PSIT, che evidentemente sta per (Fe)li(x) Jo(ff)re scu(l)psit. Il prof Felix Joffre, nato nel 1903 e morto nel 1989 fu Prix de Rome nel 1925. Il Prof. Raffaello Santarelli fu membro insigne del Gruppo dei Romanisti. Se può interessare, c’è anche, semicancellato, il nome del sindaco di Roma di allora, V(R)BA(NVS) (C)IOC(C)ETT(I), il democristiano Urbano Cioccetti.

Se l’iscrizione sul retro del monumento è praticamente illeggibile, non lo è altrettanto quella sul davanti del basamento della colonna (diciamo fronte Grand Hotel), la dove si trova l’espressione “demersa navis” che è - mi perdona la brutale sintesi? – l’unico riscontro documentale a fondamento della sua teoria.

La lapide commemorativa sul piedistallo della Colonna: nasce qui il mistero della "demersa navis"Davvero la scritta è del tutto illeggibile? Lo è in verità solo la prima riga. La seconda e la terza si leggono frammentariamente, le altre sono complete. E vi si legge per esempio la dedica della via a Lutetia Parisiorum, cioè alla città di Parigi, e la data del 1959. Sono sorpreso che Lei non l’abbia notato.

Proviamo a ricostruire e poi a tradurre il testo. Se avrò ancora un po' di tempo per fare ricerche di archivio e Lei un po’ di pazienza, mi riprometto di ritrovare il testo completo delle iscrizioni del prof. Santarelli. Non dovrebbe essere difficile.

Premetto che non sono né un esperto di epigrafia né un latinista - anzi, al Liceo Classico preferivo la materia “ragazze” al Latino - ma vediamo che si può fare (erano vent’anni che non toccavo un vocabolario di latino…. nostalgia…):

…ISC … ROMANO… V AEV… O … A
PERE(N)NITATIS AVSPICIVM
AURE(A) FLUC(TV)ANS (N)EC VNQV(A)M DEMERSA NAVIS
PRINCIPIS GALLORVM CIVITATIS INSIGNE
VINCVLVM TESTANTVR MVTVAE DILECTIONIS
QVA VRBIS (R)ECTORES
III KAL MAIAS A.D. MDCCCCL(V)IIII
TITVLO GEMINAE SORORIS
LVTETIAE PARISIORVM
HANC STATVERVNT VIAM NVNCVPARI

Cioè - più o meno:
(versione integrale qui)

“…la leggiadra nave galleggiante sui flutti e mai affondata, simbolo della città capitale dei Galli, quale auspicio di perennità (i soggetti illeggibili in alto) attestano un vincolo di reciproco affetto, per cui i reggitori dell’Urbe stabilirono di chiamare questa via con il nome della sorella gemella, Lutetia Parisiorum (Parigi), il giorno 3 maggio 1959”

Dunque non si parla affatto di una nave affondata (demersa navis)… ma esattamente del contrario….di una nave che NON affonda MAI (nec unquam).

Non ne è convinta? Apriamo ancora la rivista Capitolium, raccolta 1962, a pag. 377, e leggiamo nell’articolo, corredato con foto di cerimonie, “Il gemellaggio di Roma e Parigi nell’unità europea”: “Com’è noto lo stemma della Capitale francese ricorda con la navicella e col motto “fluctuat nec mergitur” l’antica corporazione dei mercanti fluviali della Senna dai quali ebbe luogo la municipalità parigina”.

Francobollo commemorativo del Gemellaggio Roma Parigi, emesso nel 1959E ora guardi questo francobollo (foto in allegato) che le Poste Italiane emisero per celebrare il terzo anniversario del gemellaggio Roma - Parigi, il 9 aprile 1959. Ci sono gli stemmi delle due città. Quello a sinistra è lo stemma di Parigi, con la navicella.

Quanto alla colonna, all’Archivio di Stato di Roma esiste un elenco di ben 134 pezzi, tra statue, busti, teste e altri frammenti, di proprietà del cardinale francese: bastava controllare.

Dunque, riassumendo:

  1. La Via Parigi è una strada del tutto moderna, frutto di uno sventramento fascista, aperta al traffico e dedicata alla Città di Parigi nel 1959, a commemorazione del gemellaggio intervenuto tra le due Capitali il 9 aprile 1956.
     

  2. Sulla strada è un monumento composto da una colonna antica, proveniente da uno scavo novecentesco in piazza Nicosia (NON dalle Terme di Diocleziano, NON dalle collezioni del Card. Du Bellay),
     

  3. e da una scultura di evidente fattura moderna (evidente, almeno, a un qualunque occhio minimamente allenato all’arte).
     

  4. La scultura rappresenta una nave. NON una nave che affonda, ma – lo si vede bene – una nave che galleggia tra i flutti col vento in poppa.
     

  5. E la nave che galleggia senza mai affondare (“fluctuat nec mergitur”) è la caravella da ottocento anni simbolo di Parigi, guarda caso raffigurata in una strada dedicata a Parigi in occasione del gemellaggio Roma-Parigi.

Abbiamo bisogno di altre prove?

dunque...

Ora vorrei terminare questo lungo excursus per dire che se mi sono preso tanto disturbo per ricostruire la storia di quella povera nave, non è stato per risolvere una dotta disputa, né per puntiglio.

Io credo, come cittadino romano che ama Roma, che sia stato un gran merito del Corriere della Sera accendere i riflettori su Via Parigi e dintorni.

Tutta la zona che va da Via Bissolati alla Piazza Esedra alla Stazione Termini balza spesso agli onori delle cronache per il traffico, le manifestazioni, la piccola criminalità. Ma è del tutto negletta nei suoi valori storici.

La colonna di Via Parigi, un piccolo monumento da tutelare e riscoprireUna zona un tempo tranquilla e punteggiata di giardini è stata più volte sconvolta negli ultimi cento anni da una serie di incauti interventi urbanistici: la costruzione e ricostruzione della Stazione Termini hanno reso centrale una zona un tempo periferica; lo sventramento fascista di Via Bissolati riversa sulle piccole vie Cernaia e Parigi uno sproporzionato volume di traffico; la rotonda del Planetarium è stata separata dal complesso delle Terme a cui apparteneva e. benché sia previsto dal piano Regolatore del 1962, nessuno ne ha mai proposto seriamente un ricongiungimento, come invece è accaduto per la Piramide Cestia e le Mura Aureliane; dietro il Planetarium due aree archeologiche vuote e mute là dove un tempo era la vita. Moderni palazzi per uffici i cui parcheggi sotterranei contendono il posto alle rovine romane. Il traffico scorre, frettoloso e indifferente a tutto. Fare una foto alla Mostra dell’Acqua Felice significa anche ritrarre i motorini parcheggiati davanti. Il sottosuolo è archeologicamente ricchissimo: anni fa fu scoperto un grande ambiente sotterraneo davanti alla chiesa di S. Susanna (dove ora è il grande marciapiede circolare), altri ritrovamenti sono visibili attraverso il vitreo oblò nel pavimento del Planetarium, altri ancora sulle scale della Metropolitana. E chissà cosa si potrebbe ancora trovare scavando davanti al Grand Hotel.

In pochi metri quadrati dietro Piazza della Repubblica, in una zona prestigiosissima, centrale, storica, c’è un mix unico di grandezza e squallore: il Grand Hotel, il Planetarium le Terme, l’Esedra, ma anche pennoni con bandiere stracciate, un distributore di benzina, un chioschetto bar, cabine telefoniche, un’edicola che si è allargata coi suoi manifestini, un parcheggio con strisce blu ma dominio di un parcheggiatore abusivo e di un gruppetto di zingare; poi qualche trans notturno, e il giovedì pomeriggio il bivacco a cielo aperto di tutti i domestici filippini di Roma. Cupi lecci non potati da anni fanno ombra alla luce dei lampioni, e da albergo ai tantissimi storni che allietano il passante con le loro deiezioni. E al di sopra di tutto, miseria, sporcizia, confusione, galleggia simpaticamente nell’aria una nave dimenticata.

Questa è la porta ferroviaria di Roma, al Grand Hotel scendono gli ospiti più illustri della città. E Roma si presenta così?

Ecco, io credo che il Corriere della Sera (che su Roma ha una grande tradizione di battaglie urbanistiche – ricordo con nostalgia, tra gli altri, gli articoli documentatissimi di Francesco Perego) farebbe opera assai meritoria continuando nella riscoperta, avviata da questo articolo domenicale, di questa zona così centrale eppure così negletta, e promuovendone il recupero.

Lascio correre la fantasia: dopo una campagna di stampa del Corriere, il Comune promuove un intervento di recupero “per sottrazione” affidato a un urbanista prudente e di sicura fama. L’area oggi a parcheggio viene sgomberata dalle macchine e dalle tante superfetazioni, e, dopo una campagna di scavi archeologici, pedonalizzata, destinata a verde e ricongiunta al Planetarium. Al centro la colonna di Parigi finalmente restaurata. Una “piazza Parigi” tutta nuova, pronta per il 9 aprile 2006, Cinquantennale del Gemellaggio…

Che ne dite?

Molto cordialmente,
Dario Quintavalle

Morale della favola: il Corriere pubblica la mia replica, con tante scuse....

Gentile dottor Quintavalle, ringrazio per queste precisazioni. Le suggestioni relative alla storia della colonna hanno tratto in inganno un docente universitario di Archeologia e una cronista che avrebbe dovuto fare verifiche più approfondite. Me ne scuso con i lettori. È di qualche conforto il fatto che qualcuno si ricordi e abbia a cuore questa colonna che, così com' è ora, pare abbandonata.
(I. S.)

(ma, neanche a dirlo, ad oggi, Gennaio 2011, lo slargo è ancora uno squallido  parcheggio)...


(Il testo ricostruito:)

(lato 1)

PRISCI ROMANORUM AEVI COLUMNA
PERENNITATIS AUSPICIUM
AUREA FLUCTUANS NEC UNQUAM DEMERSA NAVIS
PRINCIPIS GALLORUM CIVITATIS INSIGNE
VINCULUM TESTANTUR MUTUAE DILECTIONIS
QUA URBIS RECTORES
III KAL. MAIAS A.D. MDCCCCLVIIII
TITULO GEMINAE SORORIS
LUTETIAE PARISIORUM
HANC STATUERUNT VIAM NUNCUPARI


(lato 2)
DIUTURNAE AMICITIAE MONUMENTUM
XVI KAL. IUN. A.D. MDCCCCLXI
FELICITER DICATUM
ADSTANTIBUS VIRIS CLARISSIMIS
IULIANO TARDIE
PARISIORUM CIVITATIS DECURIONIBUS PRAEPOSITO
URBANO CIOCCETTI
ALMAE URBIS MODERATORE

FELIX JOFFRE SCULPSIT

 


©
Le foto della pianta di Roma del Nolli e del disegno del Gamucci sono riprodotte da Guide Rionali di Roma a cura dell’Assessorato alla Cultura, Palombi Editore, Rione XVIII, Castro Pretorio, fasc III, pagg. 5 e 19
La foto della pianta di Roma di Etienne DuPerac è riprodotta da ‘Ville di Roma’ di Isa Belli Barsali (SISAR Milano, 1970, pag 23).
Le foto dei luoghi sono mie.

Oltre ai testi citati, altre fonti si trovano in: Caterina Bernardi Salvetti, Estratto da Studi Romani Anno XVIII n. 4 Ottobre - Dicembre 1970 citato nel sito della  basilica di Santa Maria degli Angeli in Roma.

B******* P**** è Professore ordinario di Storia dell'Archeologia, II Università di Roma Tor Vergata:

Dario Quintavalle è dottore in Giurisprudenza e dirigente del Ministero della Giustizia www.quintavalle.it

Su Wikipedia.fr una biografia dello scultore Felix Joffre

Via Parigi a Roma su Google Maps:

 
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